Chiesa Parrocchiale di San Vincenzo

Visitare la Chiesa Parrocchiale di San Vincenzo, Gravedona, lago di Como e la sua splendida cripta


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22015 Gravedona
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Visitare la Chiesa Parrocchiale di San Vincenzo, Gravedona, lago di Como e la sua splendida cripta

L'area su cui sorge l'edificio accanto alla chiesa di S. Maria del Tiglio, ha assolto presumibilmente una funzione sacrale fin dall'antichità, come testimonia il ritrovamento di tre are romane, di una sepoltura e di frammenti scultorei di età romana. Sia la sepoltura, sia i resti scultorei che sono frammenti di un capitello, datati tra il I e il II secolo d.C., furono rinvenuti durante alcuni lavori effettuati tra il 1977 e il 1979 nella cripta di Sant'Antonio della chiesa di San Vincenzo. Questi lavori hanno permesso di ipotizzare che il lastricato dell'odierno pavimento dell'abside, per la positura dei lastroni e delle ghiere circolari, potesse riferirsi ad epoca romana. Dunque, l'edificio sorge in corrispondenza di un'antica area sacra pagana. Con la diffusione del cristianesimo, i templi romani furono abbattuti e nel V secolo fu costruita da una chiesa paleocristiana della quale è ancora visibile un tratto di pavimentazione all'interno della cripta, che potrebbe coincidere con l'originaria zona presbiterale.
L'edificio romanico fu consacrato la prima domenica di settembre del 1072, ma fu pesantemente trasformato in età barocca, ed era suddiviso in tre navate con 14 pilastri e coperto con un soffitto a cassettoni. La struttura terminava in tre absidi, ognuna contenente un altare; l’abside centrale era affrescata e si presentava sopraelevata e chiusa da cancelli di ferro. Originariamente, aveva tre porte: una in facciata e una per ogni fianco; da quella sul lato meridionale si accedeva alla cripta.
L'aspetto dell’edificio romanico, di cui restano in evidenza solo la cripta e alcune porzioni selle pareti inserite nelle mura laterali, può essere desunto dalla descrizione riportata negli atti della visita pastorale del vescovo di Como Feliciano Niguarda, avvenuta prima della radicale trasformazione avvenuta nel XVII secolo. All'epoca la chiesa presentava tre navate coperte da un soffitto a cassettoni e tre absidi terminali di cui quella centrale sopraelevata. La sottostante cripta, era sorretta da trenta colonne in marmo, ma era invasa dall'acqua a causa del’aumento del livello del lago che a quel tempo modificò anche l’aspetto e la funzione delle terre dell’alto Lario. Nulla resta dell'apparato decorativo di questa epoca ad eccezione di alcuni lacerti di affresco nella cripta, dedicata a S. Antonio, con un'iscrizione che riporta la data 1304. Alcuni documenti d'archivio del 1486, testimoniano, che in quell’anno fu commissionata un'ancona lignea a Giacomo del Maino e nel 1516 fu stipulato un contratto con Bernardino Luini e Francesco De Donati per un'altra ancona lignea, ma sfortunatamente entrambe le opere furono smarrite. Nel 1582 fu completata la sagrestia, come risulta dalla visita pastorale avvenuta nel 1593. 
A partire dal XVII secolo ebbe inizio la radicale trasformazione della chiesa. Le tre navate furono ridotte ad una sola con cappelle laterali; furono rialzate tanto la pavimentazione quanto le pareti esterne; in sostituzione delle tre absidi fu realizzato un nuovo presbiterio a pianta rettangolare con la conseguente modifica e mutilazione della cripta; fu edificata una nuova facciata con l'aggiunta di un portico ai tre lati e di due corpi di fabbrica nei quali erano collocati gli oratori di S. Marta e S. Michele destinati alle confraternite di S. Marta e del Ss. Sacramento. A partire dal XVII secolo, e grazie ai lasciti e alle donazioni delle più importanti famiglie di Gravedona, furono arredate e decorate e cappelle laterali della chiesa. Conclusa la prima fase dei lavori di ricostruzione, la chiesa fu nuovamente consacrata dal Vescovo Carafino nel 1627. Durante la grande peste, descritta da Alessandro Manzoni nei “I promessi sposi”, il porticato fu adibito a lazzaretto.
Negli anni seguenti fu completata la decorazione della sacrestia con l'arredo ligneo eseguito da Raffaele Falilela e l'affresco, nel medaglione della volta, raffigurante la Gloria di S. Vincenzo, realizzato dal pittore comasco Pietro Bianchi nel 1697. Il portico in facciata fu aggiunto nel 1726 quando iniziarono i lavori per la costruzione del coro. Nel 1735, con l'incarico conferito al pittore Michelangelo Bellotti per la realizzazione di due tele raffiguranti episodi della vita di S. Vincenzo, ebbe inizio  la decorazione del presbiterio. In epoca successiva, probabilmente dopo il 1740, furono commissionati al pittore della Valle Intelvi, Carlo Innocenzo Carloni, la pala d'altare raffigurante  la Gloria di S. Vincenzo, e la decorazione della pareti e della volta del coro, come testimoniano documenti conservati nell'Archivio parrocchiale. 
Nel corso del XIX secolo furono eseguiti lavori di sbancamento e abbassamento del terreno nell'area sul fianco settentrionale, nel corso dei quali fu ritrovata un'ara romana, e fu aggiunta una scala per consentire l'accesso alla porta laterale. La decorazione della chiesa fu finalmente completata dal pittore Luigi Tagliaferri nel 1889, con la realizzazione dei disegni ornati lungo la navata e il dipinto sulla volta del presbiterio. In quella occasione fu eseguito anche un intervento generale di restauro della chiesa con la sostituzione del pavimento, il rinnovamento dell'intonaco e la riduzione di ampiezza delle finestre.